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Un pensiero da Don Luigi…

Carissimi,
in questi tempi ci sono molti problemi pratici e gravi che preoccupano la nostra gente:
il dolore di chi ha perso un familiare, senza neppure poterlo salutare; l’angoscia di chi ha perso il lavoro e fatica ad arrivare a fine mese; il peso di chi ha tenuto chiuso un’attività per tutto questo tempo e non sa come e se riaprirà; i ragazzi e i giovani costretti a rimanere in casa e che non hanno potuto seguire lezioni regolari a scuola; i genitori che devono con fatica prendersi cura dei figli rimasti a casa tutto il giorno; la ripresa economica con un impoverimento generale,…
Queste situazioni ci stanno molto a cuore. E’ in gioco il nostro futuro!
La questione è serissima, “non è una parentesi!”. Vorrei che l’epidemia finisse domani mattina e la crisi economica domani sera. Ma non sarà così. In ogni caso questo periodo di pandemia e di crisi non è una semplice parentesi. Molti pensano: “Questa parentesi si è aperta ad inizio marzo, e quando si chiuderà, torneremo alla società e alla vita e soprattutto alla Chiesa di prima”.
No. È un’ingenuità, una follia. Questo tempo urla. Ci suggerisce di cambiare in meglio, altrimenti non cambierà niente.
La società che ci sta alle spalle non era la “migliore delle società possibili”. Vi ricordate quanti “brontolamenti” facevamo fino a febbraio? Bene, ora è il tempo per sognare e progettare qualcosa di nuovo.
Quella era una società individualista. Ognuno pensava a sé, ai suoi interessi: “Io faccio i fatti miei!” si diceva. Tutti eravamo persuasi che il bene comune e l’essere comunità sociale fossero un optional che abbellisce la vita. Una ciliegina sulla torta, un dolcetto a fine pasto. In questo isolamento ci siamo resi conto che le relazioni ci sono mancate come l’aria. Perché le relazioni sono vitali, non secondarie.
Ciò significa riscoprire la “comunità”. Gli altri, la società sono una fortuna per tutti e noi ne siamo parte viva. Il mio paese, il mio cortile, il mio condominio, la mia famiglia, i miei parenti sono la mia comunità: sono importanti come l’aria che respiro e devo sentirmi partecipe. L’abbiamo scoperto, ora proviamo a viverlo!
Non è una parentesi, ma una nascita. La nascita di una società diversa. Non sprechiamo quest’occasione! Cosa c’è di meglio di una società che riscopre la comunità, il dono dell’altro, la fiducia reciproca e perfino il rispetto della terra.
A questo punto mi rivolgo ai “cristiani”. Non basta tornare a celebrare la Messa per pensare di aver risolto tutto. “Non è una parentesi”. Non dobbiamo tornare alla Chiesa di prima. O iniziamo a cambiare la Chiesa, subito, o resterà invariata per i prossimi 20 anni. Per favore ascoltiamo con attenzione ciò che ci sussurra questo tempo. Ricordate le parole di Papa Giovanni XXIII?  “Guardate ai segni dei tempi!”
Vi ricordate cosa dicevamo fino a fine febbraio? In ogni incontro ci lamentavamo che la gente non viene più a Messa, i bambini del catechismo non vengono più a Messa, i giovani e gli adolescenti non vengono più a Messa e tanto meno all’oratorio. Vi ricordate?
Ed ora pensiamo di risolvere tutto celebrando nuovamente la Messa con il popolo?
Se è così, ci illudiamo da ingenui!
Io credo all’importanza della Messa. Quando celebro mi incontro col mio Signore, che per me si è fatto uomo, è venuto a salvarmi, a guarire anche i corpi, a consolare, a dirmi per 350 volte “Non avere paura: io sono con te!”, a dare la sua vita per me! Allora quando prendo in mano il Corpo di Cristo, non dico tanto “Il corpo di Cristo”, ma mi “immergo in Lui”, mi metto nel suo cuore. E allora rinasco, mi rigenero, il mio cuore è inondato di serenità. L’Eucaristia è “culmine e fonte” della vita del credente, come dice il Concilio.
Che vita sarebbe se siamo sotto l’incubo della paura! Le norme ci vogliono: ci aiutano a vivere con prudenza, con maggior sicurezza e vanno osservate. Ma per noi cristiani devono essere la preoccupazione maggiore? Soprattutto quando entrano all’interno della chiesa a dettare leggi e comportamenti, come se noi fossimo degli incapaci, al punto da imporci come  stare in chiesa, come celebrare la liturgia e cosa fare o non fare!
Quanto abbiamo bisogno di riscoprire la bellezza e la grandiosità dell’incontro con Gesù, di rinnovare le relazioni all’interno della comunità cristiana, tra fedeli, tra catechisti, animatori, collaboratori, praticanti e soprattutto tra famiglie. Abbiamo bisogno di ricreare in parrocchia un luogo dove sia bello trovarsi insieme e dire: “qui si respira un clima di comunità: che bello trovarci!”. E poter fare comunità anche con quelli che non frequentano o compaiono qualche volta per far celebrare un battesimo o un matrimonio o un funerale.  Che bello vedere cristiani che non si ritengono tali perché vanno a Messa tutte le feste (cosa ottima), ma cristiani aperti al bisogno degli altri, che sanno “nutrire” la propria vita di fede con momenti di riflessione sulla Parola di Dio, col Corpo di Cristo, con l’umiltà nella Confessione, con attimi di silenzio, con momenti di stupore di fronte alla bellezza delle montagne o di un fiore, con momenti di preghiera in famiglia, davanti a un caffè offerto con gentilezza. Non, cristiani “devoti” (in modo individualistico, intimistico), ma pieni di coraggio,capaci di superare le mille paure imposte e vivere in un clima di serenità.  Cristiani che hanno veramente fiducia in Dio che è Padre misericordioso e premuroso, che ci dona la serenità interiore, e il desiderio di giocare alla grande la nostra vita per gli altri, donando loro soprattutto quello che è veramente nostro: il nostro tempo! Solo così noi cristiani diventeremo credibili, alberi pieni di frutti, “affinché il mondo creda”!
Allora costituiremo una vera comunità, non chiusa, ripiegata su se stessa e sulla propria organizzazione; ma comunità aperta, umile, carica di speranza. Comunità che contagia con la propria passione. Non una Chiesa che va in chiesa, ma una Chiesa che va a tutti. Carica di entusiasmo, passione, speranza, affetto. Solo così riprenderemo voglia di andare in chiesa, di andare a Messa, per “nutrirci” di Gesù, per stare con Lui, l’unico capace di farci vivere sereni, pur in mezzo alla pandemia. Altrimenti sarà un atto consuetudinario, col rischio di essere contagiati, ma soprattutto di continuare a sprecare il cibo nutriente dell’Eucarestia. Guai a chi spreca il pane quotidiano (lo dicevano già i nostri nonni).
Solo con la “fame” di Gesù potremo riscoprire la fortuna della Messa. E solo in questo modo riscopriremo la voglia di diventare un regalo per gli altri, per l’intera società.

Don Luigi